Crisi ambientale e sostenibilità sono due parole chiave che da qualche anno stanno entrando sempre più nella nostra quotidianità: prima come elementi linguistici nei nostri discorsi e poi, per un numero sempre crescente di persone, iniziano ad essere concetti fondamentali per capire cosa sta succedendo e cosa vedremo succedere nei prossimi anni. Anche la cultura sta provando a dare voce a questo problema e il Salone del Libro ha deciso di dare ampio spazio alla tematica.
Una bella intervista è quella fatta stamattina a Amitav Ghosh con l’aiuto di Claudia Durastanti, autrice de La straniera, nella veste di traduttrice e l’intervento di Valentina, esponente di Friday for Future
Amitav Ghosh è uno scrittore indiano autore di La grande cecità e L’isola dei fucili, lui ci tiene a far sentire la sua voce sull’argomento e spiega ai microfoni di Rai Radio 3 che ormai non ci ritroviamo solo davanti ad un problema climatico, ma a una vera e propria crisi planetaria. E che la cultura deve saperla affrontare: dopo tutto, come si fa a scrivere del mondo senza parlare di qualcosa che lo sta affliggendo?
Gli ultimi trent’anni hanno cambiato il nostro pianeta, la globalizzazione ha creato una forte accelerazione che ha modellato la crisi climatica che viviamo. Tuttavia la cultura non sempre ha saputo dare un volto a tutto questo. Si è deciso di percorrere la strada della voce identitaria, della scoperta della persona ma non quella dell’ambiente. E ora bisogna saper accettare questa nuova sfida e dare voce alle “altre forme di vita”. Se la letteratura riuscisse ad abbracciare maggiormente la tematica, sarebbe più facile far comprendere la situazione ai lettori.
Sfida accettata da Elisa Palazzi, climatologa e fisica dell’atmosfera e Federico Taddia, autodefinitosi in diretta web “un curioso che cerca nuove domande per trovare nuove risposte”, che affrontano il tema ambientale in Perché la terra ha la febbre? In questa puntata cercano di spiegare l’innalzamento della temperatura terrestre e le sue conseguenze.
I due esperti ci fanno riflettere sulla “pausa” che ci siamo presi dal mondo esterno e su come la natura si sia riappropriata dei suoi spazi. È tutto vero: in questi mesi di quarantena il cielo e l’aria sembrano migliori, le acque più limpide e gli animali sono ritornati ad invadere i nostri spazi. Tutto questo però è solo fuorviante. Infatti, la natura non dovrebbe riprendersi i suoi spazi, perché in realtà siamo noi che avremmo già dovuto imparare a vivere con lei, al suo fianco.
Questa quarantena può averci dato qualche suggerimento su come potrebbe essere il futuro: spetta a noi, e solo a noi, saperlo cogliere e soprattutto applicarlo.