Carrère x 4: un autore, quattro anime

Romanziere, biografo, autobiografo, giornalista: quattro anime per un autore imprescindibile

Emmanuel Carrère d’Encausse è uno scrittore, sceneggiatore e regista francese che probabilmente già conosci. Ma forse non sai che i suoi libri possono essere letti seguendo quattro diverse chiavi di accesso, quattro anime narrative che rendono la sua produzione unica e multiforme.

Nel tempo ho avuto la fortuna di leggere molti suoi romanzi e saggi, scoprendo così il Carrère romanziere, il Carrère biografo, il Carrère autobiografico e il Carrère giornalista. In questo articolo ti propongo un titolo rappresentativo per ciascuna di queste voci: una piccola guida per orientarsi nella complessità affascinante di uno degli autori più rilevanti della letteratura contemporanea.

Libri di Emmanuel Carrère: quattro modi per leggerlo

Il Carrère romanziere: I baffi

Tra i libri di Emmanuel Carrère, I baffi è forse il più surreale. Tutto inizia con un gesto banale: il protagonista si rade i baffi. Ma invece di suscitare sorpresa, la moglie e gli amici affermano che lui non li ha mai portati. È l’inizio di un incubo: la realtà si sgretola, il protagonista comincia a dubitare di sé, degli altri, del mondo. Tutto co­mincia ad apparirgli «fuor di squa­dra» e il confine tra la realtà e la sua im­maginazione sempre più sfumato. Del­le due l’una: o è pazzo o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma ser­virà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno?

Un libro breve e folgorante che ricorda Pirandello e Kafka, dove il confine tra sanità e follia si assottiglia pagina dopo pagina. È l’autore nella sua forma più disturbante e potente. Tra i libri di Emmanuel Carrère che devi assolutamente leggere, I Baffi non può mancare, ancor più se hai (forse) i baffi.

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Il Carrère biografo: Io sono vivo, voi siete morti

Con Io sono vivo, voi siete morti, Carrère si confronta con la figura di Philip K. Dick, genio visionario della fantascienza. L’autore racconta la vita di Dick con un’attenzione chirurgica per il dettaglio e una lucidità mai ottenebrata dalla devozione, seppur si sia da sempre definito suo lettore appassionato. Carrère ripercorre le tappe di un’esistenza che è stata un’ininterrotta, sfrenata, deragliante indagine sulla realtà, condotta sotto l’influsso di esperienze trascendentali, l’abuso di farmaci e di droghe, i deliri paranoici, i ricoveri in ospedali psichiatrici, le crisi mistiche e le seduzioni compulsive. Il tutto riversato in un corpus di quarantaquattro romanzi e oltre un centinaio di racconti che hanno a loro volta ispirato, più o meno direttamente, una quarantina di film.

Carrère non si nasconde: dichiara apertamente la sua fascinazione per Dick, ma non si lascia travolgere. Mantiene la lucidità dello scrittore consapevole, costruendo un ritratto intenso e onesto. Un must-read per chi ama le biografie non convenzionali.

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Il Carrère autobiografico: Vite che non sono la mia

Al centro di Vite che non sono la mia c’è la sofferenza, condivisa e raccolta. Carrère racconta due storie drammatiche che hanno incrociato la sua vita: lo tsunami in Sri Lanka e la morte per cancro della sorella della sua compagna.

Questo romanzo emoziona tantissimo e qualche lacrima potrebbe scendere. Partiamo con una citazione:

La peggiore delle sofferenze è quella che non possiamo condividere. E il malato canceroso, perlopiù, la sperimenta due volte. Due volte perché, da malato, non può condividere con il suo entourage la propria angoscia, e perché questa sofferenza ne copre un’altra, più antica, risalente all’infanzia e anch’essa mai condivisa, mai vista da nessuno. E per un individuo è questa la cosa peggiore: non essere mai stato visto, mai stato riconosciuto.

Cosa racconta questo romanzo, in rapporto agli altri libri di Emmanuel Carrère? Il caso ha voluto che lo scrittore si trovasse in vacanza nello Sri Lanka proprio quando lo tsunami ha devastato le coste del Pacifico. Lì ha accompagnato una giovane coppia francese nelle dolorose incombenze necessarie per ritrovare il corpo della loro figlia di quattro anni. Pochi mesi dopo ha vissuto un’altra tragedia: l’agonia e la morte per cancro della sorella della sua compagna.

Carrère decide di raccogliere questo doppio dolore, farlo suo, raccontarlo. Perché esiste solo un modo per accogliere la sofferenza altrui: trasformarla in esperienza condivisa. Il tono è sobrio, mai patetico. Ma le emozioni sono autentiche, profonde. Vite che non sono la mia è uno dei libri di Emmanuel Carrère più intensi, capace di elevare il dolore individuale a riflessione collettiva sul lutto, sull’empatia e sul potere della scrittura.

Da sei mesi a questa parte, ogni giorno, di mia spontanea volontà, passo alcune ore davanti al computer a scrivere di ciò che mi fa più paura di qualsiasi altra cosa: la morte di un figlio per i suoi genitori, quella di una giovane madre per i suoi figli e suo marito. La vita ha fatto di me il testimone di queste due sciagure, l’una dopo l’altra, e mi ha incaricato – o almeno io ho capito così – di raccontarle…

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Il Carrère giornalista: L’avversario

Se non hai mai letto L’Avversario, preparati: è uno di quei libri di Emmanuel Carrère che lasciano il segno. Qui lo scrittore ricostruisce la vera storia di Jean-Claude Romand, un uomo che per diciott’anni ha vissuto un’intera esistenza fondata sulla menzogna, fino a uccidere la moglie, i figli e i genitori per evitare che la verità venisse a galla.

Forse il suo capolavoro, non perché V13 siamo meno intenso o fondamentale per conoscere questo immenso autore, ma perché è un romanzo giornalistico pazzesco che ti lascia con gli occhi spalancati durante tutta la lettura. Ecco, se non conosci la storia di Jean-Claude Romand, siediti comodo perché quando ti rialzerai non sarai più la stessa persona.

Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi ma invano. L’inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient’altro. Da diciott’anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone di cui non sarebbe riuscito a sopportare lo sguardo. È stato condannato all’ergastolo. 

Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell’uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un’autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato – e turbi, credo, ciascuno di noi.

Carrère racconta questa vicenda con precisione quasi clinica, sempre interrogandosi sulle implicazioni morali, esistenziali, umane. L’avversario non è solo un esempio straordinario di giornalismo narrativo, è anche uno dei più inquietanti e memorabili libri di Emmanuel Carrère.

Il romanzo turba, lasciandoci con una domanda aperta che è uno dei quesiti fondamentali da porsi nella vita, prima o poi: e tu chi sei quando nessuno ti vede?

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Per concludere

Carrère è un autore che sfugge alle definizioni. Ogni suo libro è un’esplorazione, un’indagine, una sonda nella profondità dell’animo umano. Che tu voglia perderti in un romanzo, seguire una biografia, emozionarti con una testimonianza o rimanere sconvolto da un’inchiesta, c’è un Carrère per te.

E forse, in ognuno di questi libri di Emmanuel Carrère, c’è anche un po’ di noi.

E tu, quale Carrère hai letto? Vieni a parlarne su anobii.com: la conversazione continua…