Alcuni anni fa sono stata in vacanza in un posto magnifico, uno di quelli in cui puoi permetterti di scordare tutto per un po’ e, finalmente, riposare davvero.
Si camminava scalzi, leggeri, senza pensieri.
Vicino al ristorante c’era una piccola saletta ricolma di libri, una specie di libreria che raccoglieva e restituiva dignità a tutti quei compagni di viaggio che gli ospiti di quel paradiso avevano dimenticato.
“Ma come si può dimenticare un libro?”, mi domandai. Eppure.
Eppure fu grazie al lascito di uno sconosciuto qualsiasi che trovai per puro caso un romanzo che mi conquistò sin dal titolo: “Il mare dove non si tocca”, una lettura perfetta per chi è cresciuto in una grande famiglia (o lo avrebbe tanto voluto) e per chi ama le storie narrate dal punto di vista dei più piccoli.
Racconta di Fabio Mancini, un bambino che vorresti abbracciare e stringere forte per quanto è dolce e genuino nella sua “personale” narrazione della vita.
La sua famiglia è diversa da quelle classiche perché numerosa, rumorosa e caotica: vanta nel novero ben dieci nonni, i cui nomi iniziano tutti per “A”, una mamma intenzionata a proteggere Fabio dalle delusioni della vita, una nonna che comanda tutti e una ragazzina molto saggia che va in giro travestita da coccinella. E poi c’è il personaggio che mi ha toccata da dentro, arrivando fino al cuore, strappandomi tanti sorrisi e anche qualche lacrima: il papà di Fabio, un uomo affettuoso che non parla mai ma con le mani sa aggiustare le cose rotte del mondo.
Nonostante l’assurdità delle vicissitudini che tutti i giorni la piccola voce narrante è chiamata a vivere, un equilibrio in quella famiglia così “matta” c’è – d’altra parte tutti prima o dopo trovano il proprio – ma in questa storia qualcosa ad un certo punto va storto e lì sono guai perché nessuno sa più a cosa appigliarsi, figuratevi un ragazzino cresciuto all’ombra di un mondo a misura di grandi.
L’autore, Fabio Genovesi, ci ha regalato una storia bellissima, vera, che ti muove qualcosa dentro, impossibile rimanere indifferenti.
E a me l’ha regalata due volte, essendo letteralmente inciampata dentro questo romanzo per quei casi della vita che difficilmente dimentichi, in un luogo incantato che ha voluto restituire al mondo un libro così bello che non poteva restare “dimenticato”.
Perché in fondo è davvero così, come scrive l’autore: “… poi però l’ho capito che l’anima di ogni persona è proprio questa qua: è la sua storia da raccontare, e più è bella e più vola fra le bocche e le orecchie e dura nel tempo. Il tuo corpo finisce in una cassa, ma la tua storia viaggia per il mondo, viaggia per sempre.“.