Capita di rado che al solo nominare “Giacomo Leopardi” non si palesi nella nostra mente un ricordo, legato spesso al periodo scolastico, che incatena il grande poeta ad un’immagine di sofferenza.
Certamente non possiamo leggere le sue opere prescindendo dal sentimento di dolore che permea di sé tutti i suoi scritti; ma è davvero solo questa l’interpretazione che ne possiamo dare – e l’insegnamento che ne possiamo trarre?
Vi segnaliamo tre libri attraverso i quali gli autori hanno voluto sottolineare proprio questa possibilità: avvicinarsi alle opere di Giacomo Leopardi con uno spirito diverso.
La prima è Ridere del mondo. La lezione di Leopardi. L’autore, Emilio Russo, mostra un modo diverso di interpretare una delle opere da sempre associate al cosiddetto “pessimismo cosmico”, le Operette Morali, individuando numerosi passaggi di pausa dalla negatività che sembrerebbe spesso accompagnare il grande poeta. L’atteggiamento di questi, infatti, sarebbe piuttosto definibile come un’attenta e critica disponibilità verso il mondo.
Non è quindi impossibile leggere Leopardi senza sorridere e, d’altra parte, è la predisposizione di chi legge a formare l’accezione del testo. Inoltre, è proprio nella condizione di sofferenza dell’uomo che diviene di essenziale importanza il saper ridere, ed è forse questa la lezione più profonda di questo capolavoro della nostra letteratura.
Il secondo libro è In solitaria parte, Breve passeggiata tra le stanze di Giacomo Leopardi, di Silvia Vecchini la quale, attraverso la voce di una delle sorelle di Leopardi, Paolina, ci apre le porte della loro casa.
Grazie all’escamotage di una breve passeggiata, quel che si delinea è molto diverso da quel che ci raccontano: l’autrice mostra un uomo che ha fatto della sua poesia un inno alla vita e persino alla natura, due temi di centrale importanza ai quali Leopardi ha sempre guardato con ironia, nonostante la durezza dei suoi versi.
Pensiamo alla lirica “A Silvia”:
“O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?”
La lucidità è massima, la durezza anche, ma ciò non fa di lui un poeta di sola sofferenza ma, piuttosto, di grande consapevolezza.
Dal libro di Vecchini: “Le cose che non sapeva, le immaginava. La sua fantasia era senza freni, instancabile e libera, faceva grandi le piccole cose, illuminava quelle oscure, abbelliva le disadorne. Niente era senza senso. Ragionava con le nubi, interrogava alberi e fiori. Accarezzava sassi e legni. Alle lucciole era affezionato in modo particolare. Al loro volo lento, leggero, intermittente. Alla vita breve.”
Vi proponiamo infine L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita, di Alessandro D’Avenia, dialogo intimo e travolgente con il grande poeta moderno dal quale l’autore, professore, trae lo spunto per provare a rispondere ai tanti e cruciali interrogativi che si sente rivolgere dai ragazzi, accomunati tutti dalla continua ricerca del senso profondo del vivere.
L’autore racconta il suo personale metodo per una felicità duratura e l’incontro decisivo che glielo ha rivelato, quello con Giacomo Leopardi, poeta spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato ma che invece fu un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria indiscussa vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l’indifferenza e, spesso, perfino la derisione dei contemporanei.
Questi tre libri possono essere letti come un invito a porsi con la giusta ironia gli interrogativi a cui spesso la vita non offre una risposta poiché essa è custodita solamente dentro di noi e spesso coincide con quei limiti – e con quella fragilità – che tutti possediamo e – sorpresa! – al cui interno si cela la grandezza dell’uomo.