Cos’è il “realismo magico”, chi ne sono i principali portavoce e perché lo ritroviamo soprattutto in una specifica regione geografica, l’America latina?
Con il termine “realismo magico” si intende, in ambito letterario, un genere scrittorio che inserisce in un contesto reale e ben definito elementi magici e paranormali. Il fantastico e il magico sono un tutt’uno con la storia: d’altronde, la genialità di tale tecnica consiste proprio nel riuscire a fondere perfettamente il surreale con la realtà.
Il risultato non spiazza il lettore, anzi. In un certo senso, quello che gli si richiede è un atto di fede: sospendere la propria incredulità accettando quel che nessuna logica potrebbe spiegare. Ma ciò avviene quasi naturalmente, senza forzature, come fosse la cosa più “normale”, seppur in ambientazioni che di logico-razionale non hanno nulla.
Questa corrente accomuna gran parte della letteratura latino-americana, nascendo in terre che un tempo furono colonie. Il mondo capovolto che questi autori mettono in scena, quindi, potrebbe essere l’espediente narrativo per dare voce a due realtà distinte, quella dei conquistatori e quella dei conquistati, altrimenti difficili da rappresentare.
I nomi più conosciuti? Certamente il colombiano Gabriel García Márquez, che con il suo romanzo Cent’anni di solitudine ne è considerato il padre, il brasiliano Jorge Amado (seppur questi preferisse il concetto di “real meraviglioso”), l’argentino Jorge Luis Borges e la cilena Isabel Allende.
Non mancano, però, casi anche altrove: come non citare, infatti, Italo Calvino, con la famosa trilogia composta da Il Barone rampante, Il cavaliere inesistente e Il Visconte dimezzato. Ma nel panorama italiano non fu il solo: un’altra voce importante del “realismo magico” fu, infatti, il bellunese Dino Buzzati. Nella sua opera psicologica Il deserto dei tartari, la narrazione metafisica e surreale tipica di questa corrente trova una sapiente espressione. D’altronde, “ciò che è reale e ciò che è vero non sono necessariamente la stessa cosa“, come scriveva Salman Rushdie in I figli della mezzanotte, un altro romanzo, questa volta indiano – di nuovo terra un tempo colonia –, da sempre riconosciuto afferente a questa corrente.
Questi esempi non esauriscono certo un panorama molto più ampio e non definibile in poche righe. D’altra parte, tutti noi possiamo trovare del magico nei libri che leggiamo perché, come scriveva Jorge Luis Borges, “La letteratura, del resto, non è che un sogno guidato”, un mondo capovolto in cui il lettore può, attraverso il paranormale, ritrovare la propria dimensione.