Aiuto, in che mondo stiamo vivendo? La velocità con la quale si invecchia, rispetto all’esposizione alle nuove tecnologie, è impressionante, mentre è molto meno sondata e compresa la trasformazione continua a cui veniamo sottoposti, ad esempio da un punto di vista mediatico.
Eppure, la cultura dei media è fondamentale e oggi ricca come non mai: dai videogiochi ai siti web, dai blog ai libri, dai film ai podcast, dalle riviste ai programmi televisivi e a tutto quel che c’è nel mezzo, dalla carta stampata alla radio fino a Internet.
Tutto questo mondo complesso e articolato è difficile da comprendere tutto insieme: serve una mappa per riuscire a orientarsi in un territorio che scompare oltre l’orizzonte, non importa quanto in alto cerchiamo di porre il nostro punto di osservazione. Il sociologo della comunicazione Jay David Bolter propone una chiave di lettura nel suo ultimo libro tradotto in italiano.
Digital Plenitude, sottotitolato “Il declino delle culture di élite e l’ascesa dei media digitali”, fa proprio questo: individua e racconta una serie di dicotomie che caratterizzano la nostra cultura mediale: la catarsi e il flusso da una parte, il ritmo continuo dell’esperienza digitale dall’altra; il remix (alimentato dalle vaste risorse online per il campionamento e il mixaggio) e l’originalità; la storia (non riproducibile) e la simulazione (ripetibile all’infinito); ancora, i social media e una politica coerente. Uno sguardo acuto e illuminante sui media contemporanei: questa è la mappa per una trasformazione epocale, impossibile da abbracciare con un solo sguardo.
La coppia più importante di contrapposizione, quella utile per capire, è quella che vede la fine della cultura di élite, che ha accompagnato il mondo dalla fine del Medio Evo a oggi, e la nascita dei nuovi media digitali, passati attraverso l’opera d’arte nella fase della sua riproducibilità tecnica sino alla definitiva digitalizzazione e diffusione di tutto.