L’educazione di Tara Westover rappresenta crescita, scoperta, emancipazione e coraggio. È la storia di Tara e della sua famiglia, una famiglia di mormoni particolarmente chiusa ed isolata. La scrittrice racconta di come l’educazione l’abbia salvata, aiutandola ad uscire dal suo passato e fornendole le basi per analizzarlo e costruire il suo futuro.
Tara è nata nel 1986, anche se a leggere il libro sembrerebbe di essere in un’altra epoca. La vita dei Westover è piena di limiti: Tara non va a scuola, non conosce il giorno del suo compleanno, non ha un certificato di nascita, non può vedere un dottore (nemmeno in casi di urgenza), non passa le giornate con i suoi coetanei ma lavora con la sua famiglia, si affida alla cura delle erbe e si prepara con ossessione alla fine del mondo. La sua famiglia vive in un costante isolamento, che non li fa sentire esclusi dal resto del mondo, al contrario, li fa sentire superiori. Le altre famiglie hanno ceduto al lavaggio del cervello imposto dal Governo, diventando schiavi degli illuminati, la sua famiglia invece sa come muoversi ed è in grado di sopravvivere alla fine del mondo.
È difficile capire perchè Tara non si ribelli prima: per metà del libro il lettore vorrebbe quasi scuoterla, spingerla ad agire. Quando finalmente decide di non essere più l’oggetto di una narrazione altrui ma di essere una voce narrante che impara a scrivere la sua storia, Tara incontra il Mondo, o meglio ci sbatte contro e prova imbarazzo. Si capisce perfettamente che si sente un pesce fuor d’acqua, non sa come comportarsi, come interagire e conosce ben poco di ciò che la circonda. Il lettore si sente partecipe del suo imbarazzo quando non sa di cosa si stia parlando con il termine olocausto e della sua umiliazione quando vive la violenza del fratello maggiore.
L’educazione è un processo lento che più volte spinge Tara a riavvicinarsi alla sua famiglia e rivivere la sua vita precedente ma che, pian piano, non si limita a farle aprire gli occhi sul mondo, ma le permette di capire la sua famiglia. Se prima il padre veniva visto da Tara come un uomo autorevole che detta legge in casa, dopo viene visto come un soggetto bipolare che obbliga il resto della famiglia a guardare il mondo con i suoi occhi e a vedere con avversione tutto ciò che è diverso dalle sue credenze. Se prima Tara si sente in parte colpevole per gli atteggiamenti violenti del fratello, dopo riesce a distaccarsi e a vedere che il problema non deriva da lei.
Alla fine non troviamo un vero happy ending, non esiste un “vissero tutti felici e contenti”, ma notiamo la crescita di Tara. Il suo cambiamento la porta a perdere molto ma davanti a noi non abbiamo più una ragazza timorosa e passiva, vediamo finalmente una donna consapevole della propria storia intrisa di violenza, terrore, ignoranza ma anche di rivalsa, cambiamento e coraggio.
Se pensate che questa storia possa essere fine a se stessa, forse dovreste ricredervi. Personalmente vivo in una realtà diversa da quella di Tara ma alcuni aspetti posso ritrovarli anche qui. Pensiamo solo agli ultimi giorni e a come il parlare tra cittadini spaventati possa aver superato le parole e le conoscenze di esperti, allora ci si impiega un attimo a pensare alle scorte alimentari per la fine del mondo, un po’ come avrebbe reagito il padre di Tara.
La storia dice proprio questo: possiamo arrivare da una famiglia diversa, da uno stato sociale diverso, da un paese diverso, insomma da una realtà lontana anni luce da quella del libro ma è solo la curiosità e la voglia di conoscere che ci permette di crescere, diventare chi vogliamo essere e soprattutto avere le basi per crearci il nostro punto di vista e prendere in mano la nostra vita.