Ritratti: Francesca Romana Grasso

Edufrog si occupa di consulenza e formazione in ambito pedagogico. Ma è anche il frutto del lavoro di una pedagogista, Francesca Romana Grasso, innamorata della letteratura e dei libri che ha deciso di fare della sua passione uno strumento di lavoro. Siamo andati a conoscerla per scoprire come si fa a coltivare il proprio amore per la letteratura anche in ambito lavorativo. 

Chi è Francesca Romana Grasso? Come nasce il tuo amore per la lettura?

Sono una lettrice appassionata, fin da bambina. Tra i miei ricordi infantili più vividi quello di leggere Pippi Calzelunghe nella vasca da bagno nella quale per l’occasione adagiavo il piumone del letto: era la mia lettura domenicale preferita. 

Oggi molte penne si sono aggiunte a quella di Astrid Lindgren, che continua ad essere una delle più amate: Stig DagermanDag Solstad, Frank Westerman, Guus Kuijer, Armin Greder, Bruno Munari, Maria Montessori sono voci con le quali mi confronto periodicamente. Da sempre prediligo la letteratura nordica.

Di cosa ti occupi? Come sei riuscita a portare il tuo amore per la lettura anche nel tuo lavoro?

Sono una pedagogista con due anime: da un lato formatrice e consulente, mi muovo tra enti pubblici e terzo settore in ambito di educazione, sanità, welfare; dall’altro divulgatrice di storie ed esperienze, diciamo che coltivo dialoghi tra pedagogia e letteratura.

Mi appassiona tracciare percorsi letterari di parole e immagini per raccontare le  sfide educative contemporanee e quelle raccolte in passato, creo dialoghi per dare voce a figure e ideali che dal passato aprono il ventaglio delle possibilità attuali, sollevano dubbi, alimentano visioni. 

Cos’altro fai nel tuo lavoro?

Ogni tanto organizzo eventi culturali di sensibilizzazione in cui letteratura, arti visive e scienza si intrecciano intorno a quelle tematiche pedagogiche che spesso rimangono appannaggio delle università e dei luoghi di ricerca: l’educazione è un fatto politico che riguarda tutti, a tutte le età, cerco di alimentare un confronto apartitico e dialogante con le realtà che incontro.

Cos’è il Family Care?

In collaborazione con una realtà bresciana, l’associazione Emmi’s care, ho organizzato per cinque anni un festival per l’infanzia e chi se ne prende cura, il Family Care, allo scopo di far incontrare persone di ogni età e provenienza intorno a proposte semplici e replicabili -–come giochi, letture e merende sui prati-– per avvalorare le cose banali che rendono grandi le relazioni. Nel mentre offrivamo agli addetti ai lavori la possibilità di partecipare gratuitamente a convegni e circoli di studio a cui invitavamo professionisti di fama internazionale.

Insieme all’associazione abbiamo anche bandito un concorso internazionale di illustrazione per richiamare l’attenzione sull’importanza del movimento nello sviluppo umano, da lì poi è partita una mostra itinerante Sguardi d’infanzia che ha attraversato l’Italia accompagnata da seminari e incontri pubblici. È stato importante avere in commissione come rappresentanza editoriale Fausta Orecchio (Orecchio Acerbo) e Francesca Archinto (Babalibri).

Come vedi per me è molto naturale portare il mio amore per la lettura nel lavoro, difficile sarebbe il contrario, anche perché sento l’esigenza di mostrare come pedagogia e letteratura siano accomunate da una natura indomita, rigorosa e libertaria.

Preferisci i libri di carta o digitali?

Senza dubbio i libri di carta, non per ideologia, semplicemente possedendo un Kindle ho avuto la misura dell’assoluta estraneità tra me e quell’oggetto che poi ho dato via. Confido però che attraverso i giovani imparerò ad apprezzare anche il digitale, del resto il suo sviluppo è appena agli inizi.

A quali progetti stai lavorando adesso?

Come consulente e formatrice sto lavorando con varie realtà per accorciare lo scarto tra la qualità dichiarata nei rispettivi progetti e carte dei servizi e lo stato delle cose: credo che ciascuno, a ogni età, abbia diritto a trascorrere le proprie giornate in buoni luoghi di vita in cui fare buoni incontri, ciò vale nei nidi quanto nelle residenze sanitarie, nelle comunità educative e nei presidi sociosanitari.

Vi è poi un tema urgente al quale mi dedico: le ricerche scientifiche sulla prima generazione cresciuta nell’epoca degli smartphone ci rivelano che bambini e bambine, fin dalla nascita, hanno dovuto contendersi con uno schermo l’attenzione dei genitori: impossibile negare che sia vero, basta guardare oggi quanti neonati siano ignorati da adulti che parlano al telefono mentre li portano nei marsupi, spingono la loro carrozzina e quando poco più grandi siano spinti meccanicamente sull’altalena, per non parlare di quelli allattati, al seno o al biberon poco importa, da adulti che parlano al cellulare. Questa è una deriva che ha ripercussioni importanti: che tipo di relazioni sviluppano le persone abituate a non essere guardate in faccia da chi se ne prende cura? Il tema è educativo, politico e culturale, la letteratura come sempre ci aiuta a mettere a fuoco alcuni punti.

Oltre a questo sto lavorando ad alcuni dialoghi che vorrei animare nelle biblioteche o nell’ambito di serate pubbliche per parlare di libertà, educazione, cittadinanza, benessere, giustizia: dimensioni ed idee che elencate così sembrano così vaste da non poter quasi essere trattate, mi sembra urgente invece trovare le parole per renderle oggetto di pensiero e confronto.

Hai un libro da scrivere nel cassetto?

Ad oggi non ho scritto libri ma tantissimi appunti ad uso personale. Sto mettendo questo materiale in ordine, chissà che non ne esca un corpo adatto per una pubblicazione: staremo a vedere che forma prenderà il tutto.

Infine, come pensi che la trasformazione digitale trasformerà il tuo lavoro con i bambini nei prossimi anni?

È un dato di fatto che rispetto agli sviluppi tecnologici ho molto più da imparare dalle giovani generazioni che da insegnare: è in atto una rivoluzione in termini di accessibilità e condivisione che risplende di meravigliose opportunità, sarebbe sciocco fermarsi a temere le ombre, occorre guardare oltre e costruire un futuro desiderabile. La reading literacy passa da molti più canali che in passato, tutto ciò produce ricchezza e le biblioteche all’avanguardia confermano quanto il digitale offra possibilità.