Teresa Radice e Stefano Turconi sono una coppia di artisti oltre che nella vita: lei scrive le storie, lui le disegna. Si sono conosciuti lavorando per Disney, dove hanno scritto e disegnato alcune belle storie di topi e di paperi (indimenticabile la loro trasposizione nell’universo di Paperino del romanzo di Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio) ma nelle loro corde c’era di più. L’ambizione di raccontare le loro storie per giovani e giovanissimi, come hanno fatto con Viola giramondo sino al più recente Tosca dei boschi, è cresciuta ed è sbocciata in alcune graphic novel tra le più interessanti degli ultimi anni.
Da un lato ci sono i disegni di Turconi, che ha fatto maturare il tratto costruito con la Disney e lo ha trasformato, lavorando con tecniche diverse e sviluppando una notevole capacità di muoversi in ambientazioni e contesti molto diversi, in un’arma flessibile e capace di vestire le storie create da Radice. La quale ha molto ampliato il registro delle sue storie, sia nella capacità di ricreare ambienti e atmosfere le più diverse, che in quella di sviluppare intrecci solidi e appassionanti, pieni di sorprende, in cui si muovono personaggi memorabili, ricchi e sfumati al tempo stesso.
E arriviamo alla loro graphic novel ambientata nella marineria di inizio Ottocento, cioè Il porto proibito. Il protagonista si chiama Abel, è giovane naufrago senza memoria, restituito dal mare perché sveli un mistero che il mare ha inghiottito. Ma è solo l’inizio. Infatti questa è in realtà la storia di un amore molto, molto diverso da quelli che siamo abituati a immaginare: così puro da squarciare il velo della morte. Se c’è un modo sintetico e non scontato per definirlo, Il porto proibito è un classico moderno del fumetto. Da leggere, in estate o in inverno.