Viviamo in una società in continuo cambiamento, un mondo iperconnesso che ci vede sempre più schiavi di social e tecnologia e lavoratori da smartworking. Passiamo la nostra giornata, non solo quella lavorativa, a fissare uno schermo. Pietro Minto in Come annoiarsi meglio ci invita a “disintossicarci” e cambiare le nostre abitudini, con “un’atlante delle distrazioni contemporanee, una guida per riprendere il controllo del proprio tempo libero, nonostante i social, il lavoro ben poco smart e un mondo in crisi.”
Momenti morti, perdere tempo: fin da piccoli ci viene insegnato che dobbiamo cercare di occupare il tempo ed evitare i momenti morti, come se il concetto di noia dovesse essere evitato a tutti i costi. Il problema non è tanto occupare il tempo ma farlo con criterio, spesso pur di seguire questo mantra, ci troviamo a fare cose inutili e ben poco costruttive. Un po’ come quando abbiamo un momento di pausa o meglio un “momento morto” e automaticamente prendiamo in mano il nostro telefono e iniziamo a scrollarlo in maniera quasi compulsiva e, spesso, senza nemmeno prestare attenzione a ciò che appare sullo schermo.
É giusto quindi rimettere in discussione concetti come noia e tempo. É tanto negativo provare noia, è proprio un male perder tempo? La risposta è no, soprattutto se ci invita a riflettere su come usiamo il nostro tempo, sulle distrazioni che abbiamo a portata di mano e su cosa potremmo migliorare.
Come annoiarsi meglio è un libro a metà tra il manuale e il saggio che guida verso un cambiamento, ma se vi aspettate solo di leggere una serie di pagine che vi guidino verso il cambiamento, vi sbagliate. L’autore lascia degli esercizi pratici per comprendere meglio. Dopo tutto, come spiego Pietro Minto “La noia è qualcosa di utile, va protetta e allenata”