Ogni rivoluzione ha dietro di sé un editore che ne costruisce la cultura. È stato così dai tempi della Rivoluzione francese, con l’Encyclopédie di Diderot e d’Alambert, ed è stato così anche per la rivoluzione digitale. Ma qual è quel libro che fa da base alla rivoluzione digitale e di internet? Ce ne sono vari, in realtà. Secondo noi però ce n’è uno meno conosciuto ma più importante di altri. Si tratta di Open Sources, opera collettiva voluta dall’editore americano Tim O’Reilly, come vedremo tra un attimo.
Era il 1999, e nonostante fossimo in piena bolla del web e della prima internet “commerciale” (destinata a scoppiare a cavallo dell’11 settembre 2001 e della crisi economica e politica che ne è seguita), ancora il computer e la rete erano lontani dall’essere argomento quotidiano per la quasi totalità delle persone.
L’informatica, nelle sue varie declinazioni, mancava all’appello, e mancava all’appello soprattutto una cultura dell’informatica, intesa come “corpo delle conoscenze di natura digitale, patrimonio di un pubblico generalizzato, la cui accessibilità è strettamente connessa allo stato di pervasività della tecnologia nella società attuale” anziché “dominio di un pubblico piuttosto specializzato composto di professionisti del settore e di altri utenti tra cui studenti, i cosiddetti geek, gli hacker e chiunque avesse non solo le competenze ma anche la possibilità fisica di accedere ad apparecchiature informatiche possibilmente connesse alla rete”.
Ecco che sul mercato fa la sua comparsa Open Sources, sottotitolo: Voices from the Open Source Revolution. Il libro raccoglie interventi dei nomi più importanti (e in alcuni casi anche molto conosciuti) dell’open source, il movimento per il codice libero e condivisibile oltre che gratuito: Chris DiBona (che ne è il curatore), Sam Ockman, Mark Stone, Brian Behlendorf, Scott Bradner, Jim Hamerly, Marshall Kirk McKusick, Tim O’Reilly, Tom Paquin, Bruce Perens, Eric Raymond, Richard Stallman, Michael Tiemann, Linus Torvalds, Paul Vixie, Larry Wall e Bob Young. Del libro esiste anche una versione 2.0 e ovviamente sono entrambi disponibili online (anche il 2.0). L’importanza del volume è però un’altra.
I saggi che lo compongono raccontano varia aspetti della storia del software libero, descrivono molte delle posizioni filosofiche o dei gruppi più importanti per i movimenti che hanno caratterizzato e tutt’ora caratterizzano questo mondo. Il mondo open source è alla base di buona parte delle tecnologie informatiche che utilizziamo tutti i giorni (da Android a iOS, da macOS ai motori cloud di Amazon, Facebook, Google e della stessa Microsoft) e ovviamente a Linux, Apache, OpenOffice e tantissimi altri progetti. Soprattutto, l’open source è la dimostrazione vivente che la fisica dei bit permette di organizzare un sistema di pensiero, un’economia e un modo di collaborare profondamente diverso dalla fisica degli atomi. La lettura è stimolante.