Quando Google pubblica un nuovo doodle, l’immagine che sostituisce il nome del motore di ricerca nella sua pagina principale con un disegno o a volte con un’animazione, gli argomenti scelti di solito ottengono una fortissima attenzione. Dopotutto Google.com è la singola pagina web più aperta al mondo.
Ieri ha pubblicato un doodle dedicato a Sylvia Plath per il suo ottantasettesimo compleanno. Plath era una poetessa americana affetta da un disturbo psichiatrico (una depressione clinica da cui era affetta da quasi quindici anni), morta suicida a 30 anni dopo aver scoperto che il marito, il poeta inglese Ted Hughes, la tradiva.
Plath si tolse la vita dopo aver pubblicato due raccolte di poesie e poco dopo l’uscita del suo unico romanzo, La campana di vetro. Separata dal marito (che era rimasto con l’amante), con due figli molto piccoli e una situazione economica fortemente incerta, snobbata dalla critica – che invece l’avrebbe riscoperta molti anni dopo la sua morte, avvenuta l’11 febbraio 1963 – ebbe nuovi episodi depressivi e si tolse la vita. Del suo secondo romanzo incompleto, Double Exposure, autobiografico come il primo, si è persa traccia e probabilmente la responsabilità è dell’ex marito, che bruciò alcuni quaderni appartenenti alla donna dopo la sua morte. Nel romanzo il marito della protagonista la tradiva e rivelava così di essere una persona di poco spessore, nonostante le illusioni e le aspettative del matrimonio. Hughes avrebbe anche distrutto il diario dell’ultimo anno di vita della poetessa, ed è a tutt’oggi una figura molto controversa rispetto al ruolo che ebbe nella vita e dopo la morte della donna.
Nel 1982 Sylvia Plath divenne la prima poetessa a vincere il premio Pulitzer postumo. A far nascere l’interesse attorno alla sua figura e al suo lavoro di poetessa fu la pubblicazione di Ariel, libro uscito due anni dopo la morte della donna. Qui sotto i versi 22-31 dall’edizione americana del poema, ripristinata secondo l’intenzione originale dell’autrice.
And now I
Foam to wheat, a glitter of seas.
The child’s cry
Melts in the wall.
And I
Am the arrow,
The dew that flies
Suicidal, at one with the drive
Into the red
Eye, the cauldron of morning.