Si dice che quasi tutti gli italiani abbiano un romanzo nel cassetto. Ma non è vero: perché prima di metterlo nel cassetto devono riuscire a scriverlo. E questo ferma molti potenziali autori, persone che vorrebbero divertirsi con la letteratura e la saggistica non solo da lettori ma anche da autori.
La scuola italiana non prevede corsi di scrittura creativa: non c’è una laurea per diventare autori di libri. È una scelta differente da quella di altri sistemi scolastici: negli Usa la scrittura creativa è una materia curriculare dei college dal secondo dopoguerra e la stessa cosa è accaduta nel Regno Unito. Dall’università non sono usciti solo scrittori, saggisti e poeti, ma anche pubblicitari, giornalisti (tra l’altro un corso di laurea dedicato al giornalismo esiste in molti Paesi, a partire dalla Spagna, ma non in Italia), dirigenti, accademici, sceneggiatori, autori di fumetti e via dicendo. Imparare non fa male, insomma.
In Italia ci sono un po’ di scuole che si occupano di insegnare scrittura creativa. Ne abbiamo scelta una che ci piace molto, la Belleville di Milano, e siamo andati a parlare con il suo direttore, Giacomo Papi, per capire come si impara a scrivere da noi e a che cosa può servire farlo.
Una breve nota introduttiva: Papi, classe 1968, ha fatto molte cose dopo essersi laureato in filosofia: ha scritto romanzi, lavorato come giornalista e come editor di casa editrice, ha scritto per la televisione, ha fondato una casa editrice e, a tempo perso, fa anche il blogger. Ma soprattutto dirige la scuola di scrittura Belleville e la piattaforma di lettura e scrittura online Typee e da pochissimo la neonata BellevilleOnline, la versione online della scuola.
Cominciamo dalla domanda più difficile: siamo tutti scrittori in potenza oppure no, per alcuni è una strada impossibile?
Tutti possono imparare a scrivere meglio quello che sentono, pensano o desiderano raccontare. Questo non significa, naturalmente, che tutti possiamo diventare bravi come Gabriel Garcia Marquez o Margaret Atwood. Significa che la scrittura è una facoltà umana quanto la capacità di parlare o osservare e che, come ogni altra capacità, può essere allevata, migliorata e resa più consapevole.
Come si impara il mestiere di scrittore?
Sono consapevole che la risposta può sembrare banale, ma credo che si impari scrivendo e leggendo. O meglio, prestando più attenzione ai testi in modo da capire come funzionano o perché non funzionano. La propria voce si trova soltanto scrivendo, leggendo e rileggendosi. Le scuole di scrittura sono sempre anche scuole di lettura.
Scrivere è anche il tuo lavoro: come è cominciata? Di quali strumenti ti sei dotato nel corso degli anni?
Ho scritto molto, anche cose molto diverse tra loro, perché sono sempre stato convinto che più cose si scrivono e più linguaggi si assorbono. La prima cosa che ho pubblicato è stata l’intervista a uno spogliarellista di nome Apollo per un giornale di discoteche. La seconda un libro sugli incipit con prefazione di Umberto Eco.
Quali sono le difficoltà classiche di chi vuole scrivere un romanzo o un saggio? (e, tra parentesi, gli aspiranti autori sono più maschi o femmine? E propongono più saggi o romanzi?)
La narrativa è ancora dominante. Gli aspiranti saggisti sono piuttosto rari. Scrivere un saggio è più facile perché richiede, oltre a una buona idea di partenza e alla conoscenza approfondita, una scrittura fluida e una buona organizzazione argomentativa. Un testo narrativo, in più, pretende la capacità mimica: chi scrive deve immergersi nel mondo narrativo e identificarsi nei propri personaggi, andarci a letto, sognarli, sentirli nel proprio corpo. Proprio per questo investimento personale chi scrive romanzi rischia di più: è meglio non essere creduti che non riuscire a essere credibili.
Belleville ha aperto un corso online, oltre a quelli in sede; quali sono i vantaggi e gli svantaggi, insomma: che cosa cambia? E perché avete deciso di farlo?
Per molte ragioni. La prima, pratica, è che non tutti, a causa del lavoro, di dove abitano o di come sono, possono o vogliono frequentare un corso fisico. La seconda, teorica, è che la scrittura non è mai stata così importante per la nostra immagine pubblica: scriviamo continuamente, su Whatsapp, Facebook, Twitter, per dire agli altri chi siamo e come siamo. È un tipo di scrittura che ha forti elementi di oralità e che si fonda più sullo scambio che sull’isolamento. BellevilleOnline è nata pensando ai cambiamenti indotti dal digitale che cerca di declinare in modo che possano insegnare qualcosa. Per esempio, abbiamo lanciato ‘Storie in chat’ in cui una classe di studenti scrive un racconto o un dialogo sotto la guida e insieme a uno scrittore.
Nella scuola insegnano anche scrittori famosi (e altri vengono come ospiti), oltre che “tecnici” della parola scritta. Quanto è importante avere delle figure pubbliche tra i docenti?
Il nome famoso attrae non solo per ragioni superficiali. Chi è famoso, in generale, lo è perché è stato capace di scrivere testi apprezzati da molte persone. Non è una regola fissa, naturalmente: ci sono anche insegnanti bravissimi che non conosce nessuno. Nel comporre il cartellone dei corsi, nel pensare un docente per un corso o per una singola lezione, cerchiamo di valutare e valorizzare quello che ci ha colpito di più in uno scrittore o scrittrice. Faccio un esempio: a Paolo Giordano ho chiesto di parlare del rapporto tra memoria e corpo perché credo che abbia una capacità fortissima di immedesimarsi nei corpi dei suoi personaggi, di sentirli e farli sentire attraverso la scrittura.
Se dopo aver imparato a scrivere in maniera creativa e strutturata una persona finalmente ha il suo romanzo, poi come fa ad arrivare da un vero editore?
A volte si sottovaluta, fino a renderlo un alibi, che gli editori sono sempre alla ricerca di testi da pubblicare, ne hanno bisogno, perfino fame, direi. Un testo di qualità è il primo passo per essere pubblicati perché la qualità si riconosce, è oggettiva. Pochi scriveranno un capolavoro, qualcuno scriverà un buon romanzo, ma tutti o quasi alla fine saranno più consapevoli di chi sono e che cosa possono fare. La scuola aiuta a entrare in contatto con editori o scrittori e quindi aumenta le possibilità di avere attenzione, ma soprattutto insegna a rileggersi per riconoscere i propri limiti e per individuare i propri punti di forza.