C’è un libro di cui si parla molto a Roma in questo periodo. È un libro sul potere, sui Palazzi, sulle figure che fanno funzionare la macchina dello Stato, a cavallo tra politica e amministrazione. È un libro sui capi di gabinetto, quelle figure di cui si parla pochissimo ma che in realtà sono la manifestazione del potere puro.
Il responsabile del gabinetto è a capo di uno degli uffici chiave per i ministri, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio ma anche altre cariche (a partire dal Capo dello Stato) perché ha la funzione di diretta collaborazione con il ministro e lo supporta per tutte le attività di raccordo nella creazione ed elaborazione delle politiche pubbliche, l’attuazione delle attività e tantissime altre cose. Cura, inoltre, il raccordo del vertice politico con l’amministrazione.
È insomma una funzione sempre più delicata con i cambiamenti in atto nella politica. E il libro, Io sono il potere, pubblicato da Feltrinelli, scritto da un anonimo gabinettista di lungo corso con l’aiuto del giornalista Giuseppe Salvaggiulo è tutt’altro che un libro istituzionale. È invece un memoir scottante, con i dietro le quinte, i casi, le storie, scritto in maniera brillante: “Io sono un’ombre. L’ombra del potere. Talvolta più potente del potere. Io sono il capo di gabinetto”, scrive l’anonimo gabinettista. Questo è, nelle intenzioni, dell’editore, quello che “svela dall’interno le regole non dette e i segreti inconfessati dei palazzi di potere” ed ha certamente avuto l’effetto di far discutere. A Roma, come dicevamo, è diventato un piccolo caso. Se ne parla, se ne scrive online e sui giornali i politici e i grand commis dello stato si cercano tra le pagine, gli aspiranti e i parvenue vedono finalmente messi in luce i riti e i passaggi dai quali sono stati sempre esclusi o che hanno letto solo da lontano.
Il libro ha un suo peso, non è fantasia, anche se sicuramente le tinte forti lo rendono surreale al limite dell’immaginifico. Invece quel che fa è mettere in luce gli accadimenti che sfuggono alla luce dei riflettori e le loro logiche. “Sotto traccia – scrive infatti l’editore del libro – va in scena uno spettacolo diverso. Fatto di relazioni, alleanze, trasversalismi, compromessi. E continuità. Questo libro raccoglie sotto forma di diario-confessione la testimonianza di un ‘grand commis’ che ha lavorato per diversi ministri di diverso colore politico”.